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Musei siciliani come municipalizzate Faraone accusa: “L’Isola si adegui”

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“In Sicilia basta a musei e siti archeologici gestiti come le vecchie società municipalizzate. O adesso o mai più: anche la Sicilia si adegui alla rivoluzione avviata a Roma dal governo Renzi”. Questo l’atto di accusa pubblicato su Facebook di Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione e uomo di fiducia del premier Renzi per il Pd siciliano.

“Le polemiche non potevano mancare. Come da copione. Provincialismo e pressappochismo – scrive Faraone – contraddistinguono un certo dibattito puramente ideologico, che bolla la nomina dei direttori dei musei come un’operazione anti-italiana: 7 stranieri su 20 sono troppi? No, perché non è mai troppo il merito. Chiaramente, ciò che accade nel resto del paese, non scalfisce nemmeno lontanamente la Sicilia. Tranquilli, qui resiste l’argine dello statuto speciale, queste ‘americanate’ da noi non sbarcheranno”.

Faraone torna ad attaccare l’Autonomia della Regione Siciliana: “La riforma messa in atto dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, fra autonomie speciali, poli museali, selezioni tramite concorsi pubblici internazionali, senza dimenticare l’iniziativa dell’Art Bonus – rappresenta una reale rivoluzione del sistema. Qualcosa che l’Italia, nella sua cancrena burocratica e politica, aspettava da decenni. Parole d’ordine: alleggerire, velocizzare, mettere in rete, programmare, scegliere. E naturalmente investire. Partendo dalle competenze”.

Secondo il sottosegretario lo scenario siciliano è ben diverso: “Come vengono nominati i direttori dei musei regionali siciliani? Un concorso internazionale? Non sia mai, impedito dalla legge che obbliga a scegliere solo tra dirigenti impiegati della regione, tramite degli ‘atti di interpello’ interni, con piena discrezionalità del dirigente generale. In sostanza, una nomina diretta tutta interna agli uffici della Regione. I musei siciliani come le ‘società municipalizzate’. Questo significa che mai un curatore di livello internazionale, un grande storico dell’arte, un manager culturale esperto, sono stati individuati tramite bando per guidare i musei siciliani. Sempre e solo dipendenti pubblici pagati a prescindere dal profitto e dagli obiettivi raggiunti. Per carità ce ne sono di molto bravi, ma possibile si possa solo scegliere tra i dipendenti regionali? Una follia. I risultati? Sono sotto gli occhi di tutti”.

“Strettamente connesso – aggiunge poi Faraone – è il tema autonomia: i musei restano legati a impalcature burocratiche folli, impossibilitati a gestire con tempi, modi e approcci efficaci le loro attività. Tutto passa dalle complesse trafile regionali. Impossibili le collaborazioni esterne qualificate, impossibile portare a termine con facilità cooperazioni con sponsor e partner privati, impossibile acquistare materiali, provvedere a servizi, gestire i proventi dei biglietti, immaginare programmi e trovare fondi per finanziarli, in totale autonomia: in una parola nessuna indipendenza gestionale-amministrativa. Il che – continua a scrivere – significa anche nessun concorso pubblico internazionale per selezionare direttori, curatori, conservatori, consulenti, uffici stampa, staff didattici e organizzativi. Quello che fanno cioè, con ottimi risultati, realtà private come Fondazione Prada o Fondazione Trussardi, oppure pubbliche come il Mart di Trento e Rovereto, per fare giusto degli esempi in Italia”.

“O adesso o mai più: anche la Sicilia – sollecita dalla sua pagina Facebook il sottosegretario – si adegui alla rivoluzione avviata a Roma dal governo Renzi e liberi i beni culturali da questa gabbia. Faccio un appello all’assessore Antonino Purpura, che so essere persona sensibile e preparata. Cambi tutto. Concorsi pubblici per i direttori (basati sul merito e non sull’appartenenza geografica o sul ruolo dirigenziale interno), autonomia e costituzione di poli museali, in cui i piccoli musei siano messi a sistema con i più grandi, potendo lavorare in maniera integrata, collaborativa ed efficiente. Quanto ancora dovremo vedere morire i nostri musei, sprofondati nel sonno, nella pigrizia e nell’incompetenza?”

“Se davvero si vuole far diventare il patrimonio dei beni culturali siciliani il polo attrattivo per i turisti e l’eccellenza in grado di innescare ricadute economiche territoriali – dichiara Faraone – si faccia come a Roma: si dia ai maggiori siti museali o archeologici più importanti della Sicilia, riuniti e riorganizzati, l’autonomia gestionale-amministrativa necessaria, gli obiettivi di maggiore valorizzazione e fruizione, e si chiamino a gestirli i migliori esperti nel settore della cultura, selezionati a livello internazionale e in grado di condurre la Sicilia a un livello europeo. Si costruisca un rapporto sinergico con la scuola e l’università. Il sistema duale, l’alternanza scuola/lavoro, può trovare spazio anche nei musei, nei siti archeologici, non solo nelle aziende”.

“Così si fa la rivoluzione, non a chiacchiere. Si introduca una norma speciale – invita Faraone – per un settore strategico speciale. Si attivino finalmente i servizi aggiuntivi. E basta custodi a non finire per lasciare chiusi i musei, basta orari d’apertura decisi con i sindacati e non valutati per consentire una migliore fruizione del pubblico. Musei aperti come i più grandi e migliori poli museali europei, da Barcellona a Parigi a Londra, luoghi di cultura dove, dai bambini agli adulti, si possa fruire la bellezza che vi è custodita senza il rischio di trovarsi chiusa la porta, come spesso accade, purtroppo, in Sicilia”.

“Che i nostri beni culturali – conclude – siano un valore da fruire, un bene sociale prioritario da mettere in circolo, un sistema da valorizzare realmente – non solo da conservare, per i pochi che vi lavorano – pensato a misura dei tanti cittadini e turisti che vogliono e devono potervi accedere come si conviene”.


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