Quello che fino alla tarda mattina di oggi era l’assolo di Fabrizio Ferrandelli, adesso è il coro di larga parte del Pd che dopo il caso intercettazioni Tutino-Crocetta, si interroga (almeno fino a pochi minuti prima della smentita della Procura di Palermo) sul reale prosieguo dell’esperienza governativa dell’attuale inquilino di Palazzo d’Orleans.
La questione verrà affrontata a breve in una riunione dell’esecutivo regionale convocato da Fausto Raciti e a cui parteciperanno anche il capogruppo all’Ars, Antonello Cracolici, il presidente della direzione regionale Giuseppe Lupo e Baldo Gucciardi, attuale reggente della Regione dopo l’autospensione di Rosario Crocetta.
I segnali però sono inequivocabili a partire dalla telefonata di Matteo Renzi (che istituzionalmente è il capo del governo, ma politicamente è quello del Pd) e dal tweet inferocito di Davide Faraone che ha chiesto le dimissioni del presidente della Regione e le nuove elezioni.
Poi le prese di posizione forti di Concetta Raia che senza troppi fronzoli afferma che “A questo punto non è più un problema politico, siamo di fronte ad una vicenda che rischia di schiacciare l’immagine della Sicilia: inutile girarci attorno, viviamo una condizione di imbarazzo. Credo che la legislatura debba finire qui”.
Proprio la deputata catanese tratteggia la situazione politica fino a prima del caso intercettazioni il Pd, che “fino a ieri ha tentato, con un gesto di responsabilità, di raddrizzare la rotta per governare finalmente una Regione che ha bisogno di una classe politica sobria e responsabile, rompa gli indugi e chieda, all’unisono, al Presidente di fare un passo indietro”.
L’exit strategy la suggerisce Giovanni Panepinto proponendo una sessione straordinaria dell’Ars anche in agosto per votare la riforma delle ex Province e dell’acqua pubblica, ma “subito dopo, la parola torni ai siciliani”.
effelle