L’impugnativa della legge regionale sugli appalti stabilita ieri dal Consiglio dei Ministri, sia pure con aperture per la sua modifica, agita il dibattito, anzi lo scontro all’Ars.
Per i 5 stelle che avevano appoggiato e fortemente voluto questa norma si tratta di un attacco politico alla Sicilia e non di una scelta tecnica. “La lettura delle motivazioni, che non entrano nel merito degli approfondimenti giuridici prodotti a supporto della legge 14 e chiesti da palazzo Chigi – afferma il primo firmatario della legge Sergio Tancredi – mi fanno pensare che le motivazioni siano esclusivamente politiche, perché si vuole evitare che la Sicilia riaffermi il proprio diritto a legiferare, anche nelle materie concorrenti, peculiarità dataci dal nostro statuto, che da più parti ultimamente viene attaccato. Questo è l’ultimo di una serie di sfregi del governo Renzi alla Sicilia e all’economia siciliana. Mi aspetto che Crocetta difenda la legge chiedendo alla Corte costituzionale di pronunciarsi in merito e sono convinto che alla fine la Corte ci darà ragione, anche perché se non lo facesse, alla luce delle precedenti sentenze, smentirebbe se stessa”.
“Quella sugli appalti è una riforma fondamentale per il settore – dice Tancredi – e la recente manifestazione degli imprenditori, che sono arrivati perfino ad incatenarsi per difendere la legge ne è prova lampante. Lo stop farebbe ripiombare nella disperazione tutti gli operatori dell’edilizia, vanificando la possibilità di rilancio del comparto”.
“Da rimarcare – aggiunge Tancredi – che con la nuova legge i partecipanti alle gare sono aumentati sensibilmente, confermando che l’auspicio di un incremento di competitività era corretto e che si tratta di una norma che stimola la libera concorrenza, ampliando la platea dei soggetti che possono aspirare all’aggiudicazione”.
Ma per il capogruppo pd all’Ars si tratta dell’occasione per tornare all’attacco di una legge che bolla come “norma pirata”:“Ho seguito con attenzione l’evoluzione della legge sugli appalti – dice Cracolici – e fin dal primo momento ho ritenuto che non ci fossero i requisiti di costituzionalità: la decisione del Consiglio dei Ministri non fa altro che confermare i dubbi che più volte avevo esposto in aula durante il dibattito”.
“Purtroppo – aggiunge – adesso dobbiamo fare i conti con le conseguenze di un atto di pirateria di chi ha proposto e sostenuto questa legge a tutti i costi. Questo pasticcio è il frutto di un populismo che, facendo leva su una reale sofferenza del sistema imprenditoriale, ha finito per partorire un provvedimento che produrrà un solo effetto: paralizzare il sistema degli appalti in Sicilia”.
“A questo punto – conclude Cracolici – mi auguro che, con umiltà, i responsabili di questo caos – a partire dal Movimento 5 Stelle che ha dimostrato la propria incultura di governo, fino a chi è componente della giunta regionale – si presentino in parlamento per rimediare a questa situazione ripristinando il sistema che c’era fino a due mesi fa in Sicilia, ovvero le norme nazionali che regolano gli appalti”.
Una posizione che i 5 stelle non intendono accettare: “Probabilmente – afferma il deputato Sergio Tancredi, primo firmatario della legge – l’attenzione dell’onorevole Cracolici non è poi così puntuale. La riforma della legge sugli appalti è una seria e concreta testimonianza che tutti i partiti insieme, di maggioranza e di opposizione, possono cambiare il sistema.
Un sistema, quello degli appalti, che regala, spesso, senza freni, linfa e risorse ai cartelli malavitosi. Occorreva mettere mani ad una legge distorta e tutti i componenti dell’Ars, compresi i colleghi di Cracolici, hanno avuto il coraggio e il buon senso di alzare la testa. Tutti tranne uno. Che oggi dimostra, ancora una volta, che la sua veneranda età politica lo ha affaticato al punto tale da non riuscire più a sollevare la schiena”.