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32 anni fa l’omicidio Chinnici La figlia: “Suo impegno non vano”

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“L’impegno di mio padre fino all’estremo sacrificio, così come quello degli altri caduti nella lotta alla mafia, non è stato vano: ha contribuito a cambiare le cose nella nostra terra, a fare una Sicilia migliore, quella che oggi è negli occhi delle giovani generazioni”. Lo ha detto Caterina Chinnici durante la cerimonia che si è svolta stamattina nella chiesa di San Giacomo dei Militari, presso il Comando della Legione dei Carabinieri Sicilia, in memoria di Rocco Chinnici, giudice istruttore ucciso dalla mafia 32 anni fa a Palermo con un’autobomba fatta esplodere davanti alla sua abitazione, in via Pipitone Federico.

Prima della funzione religiosa, alla presenza delle autorità civili e militari e di un gruppo di bambini e ragazzi del Centro Padre Nostro di Brancaccio, nel luogo della strage sono state deposte corone di fiori dedicate al magistrato e alle altre vittime dell’attentato del 29 luglio 1983: Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, carabinieri della scorta, e Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile.

“Il lavoro di mio padre contro la mafia e per la cultura della legalità – ha aggiunto Caterina Chinnici – era un percorso condiviso anche dagli agenti della scorta, che lui aveva avvertito del pericolo ma che vollero seguirlo fino in fondo, e anche dal portiere dello stabile come semplice cittadino. Oggi ricordiamo non soltanto le vittime della strage ma anche le persone sopravvissute, che dal quel dramma sono rimaste irrimediabilmente segnate nell’anima”.

A margine della funzione religiosa, anche il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Gioacchino Natoli, ha ricordato Rocco Chinnici. “Oltre che ideatore del pool antimafia – ha detto – Rocco Chinnici è stato l’iniziatore di un’autentica rivoluzione antropologica all’interno dell’ufficio Istruzione. Sue prerogative erano la religione del lavoro e l’etica del comportamento. Lui, con il suo esempio, dimostrò che il lavoro d’ufficio non finiva alle 14, e proprio il suo esempio segnò il distacco tra un prima e un dopo, il passaggio a un ufficio sempre attivo. Il modus operandi della magistratura di oggi è frutto anche di quella mutazione antropologica vincente il cui seme fu piantato da Rocco Chinnici”.

“Oggi siamo qui per due motivi – ha detto Riccardo Amato, Comandante interregionale dei Carabinieri Sicilia e Calabria – cioè per ricordare ma anche per rinnovare il nostro impegno di servizio”.


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