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Opera dei pupi, Mimmo Cuticchio ricorda il padre Giacomo

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A trent’anni dalla scomparsa del padre Giacomo, Mimmo Cuticchio ha deciso di dedicargli una giornata. Giacomo Cuticchio fu il primo a portare i pupi fuori dalla Sicilia: era il 1963, l’occasione venne data da un invito al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Il successo fu talmente grande che il puparo venne invitato a restare per tutta la durata del festival, i suo spettacoli attirarono Luchino Visconti, Luca Ronconi, Franco Zeffirelli.

Oggi il figlio Mimmo ricorda il suo lavoro, nel Teatrino da lui creato in via Bara all’Olivella, nel cuore storico di Palermo. Domani (martedì 22 dicembre) dalle 17 verranno proiettate parti di un documento in cui Giacomo Cuticchio opera dietro le quinte. E la breve rappresentazione a scena aperta con quattro dei figli Anna, Mimmo, Nino, Rosa, e la moglie Pina Patti, realizzata negli studi di Rai2 per la trasmissione “Che fai, mangi?” condotta da Enza Sampò.

Ricorderanno Giacomo Cuticchio, Piero Scalisi e Guido Di Palma, rispettivamente costruttore di pupi, e docente di teatro all’Università di Roma La Sapienza che hanno conosciuto il grande puparo sia come uomo, sia come artista.

Dai ricordi di Mimmo Cuticchio.
(…) Mio padre non apparteneva ad una famiglia di opranti, la sua scuola fu quella dei Greco, cominciata con Gaetano ai primi anni del 1800 e proseguita con il figlio Achille. Giacomo divenne ad appena sette anni, suonatore di pianino a cilindro – il primo passo nel lungo apprendistato dell’Opra – nel teatro di Don Achille Greco, e proseguì sul palcoscenico dei figli, Alessandro ed Ermenegildo.
Nel 1933, a 17 anni, acquistò a rate pupi, scene, cartelli e un pianino a cilindro, dopo aver affrontato il giudizio di una formidabile commissione di esperti, noti opranti e costruttori di pupi della città, riunita dal padre per giudicare le sue capacità e decidere se meritava di essere aiutato a costruirsi un “mestiere”. La sua prova qualificante passò attraverso la messa in scena de “La morte di Milone”, episodio che richiede non solo proprietà di recitazione ma anche abilità di manovra poiché l’eroe perde pezzo a pezzo l’armatura sotto i colpi della spada del nemico.
Dopo i bombardamenti del 1943, con la moglie Pina Patti, cominciò a girare nei paesini dell’entroterra e lungo la costa della Sicilia Occidentale, impiantando delle vere e proprie “case-teatro” dove, insieme ai pupi, nasceranno i suoi sette figli. Ovunque si spostava, impiantava il proprio teatro che diventava anche abitazione. Era la casa-teatro, dove durante il giorno ciascuno dei figli aveva un ruolo preciso, chi lucidava le armature, chi spolverava i visi dei pupi, chi preparava l’occorrente per riparare le marionette, che si rompevano durante i combattimenti, chi trasformava in polvere la pietra di pece greca usata per l’effetto dei fuochi…


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