Totò Cuffaro ha veramente favorito la mafia? Se lo chiede Simone Nastasi, giornalista romano, avvicinatosi per pura curiosità alla vicenda del presidente della Regione condannato e che ha scontato per intero la sua pena in carcere. “Un caso più unico che raro – dice Nastasi – quello di un senatore della Repubblica che non si nasconde dietro la politica o qualsiasi forma di impunità, che accetta la pena e la sconta senza chiedere privilegi, e con un rispetto delle istituzioni senza eguali”.
E’ stata proprio l’osservazione di questo fatto, riconosciuto a Cuffaro anche dai suoi più acerrimi nemici politici, a mettere Nastasi sulla tracce degli atti del processo alla ricerca di una spiegazione. Guardando alla reazione dell’uomo Cuffaro Nastasi si è posto alcuni interrogativi ed ha ricostruito, passo passo, il processo mettendo insieme un libro da 224 pagine più una appendice con gli atti giudiziari disponibile da domani in libreria.
Nastasi, dopo questo lungo lavoro di ricerca lei si sarà fatta una sua idea sulla vicenda
“Innanzitutto ci tengo a precisare che si tratta di un libro scritto in larghissima parte sulla base degli atti giudiziari e solo in minima parte intervistando alcune persone. Un politico Pd come Vladimiro Criusafulli e, alla fine, due imputati, uno dei quali assolto e risarcito, i marescialli Riolo e Borzacchelli. Ma una idea me la sono fatta proprio guardando agli atti del processo”.
E qual è questa idea?
“Beh negli atti del processo c’è palesemente qualcosa che non va. Basti pensare che la prova sulla base della quale si giunge ad una condanna in Cassazione non compare prima della seconda metà del procedimento. Si tratta, peraltro, di una intercettazione ambientale proveniente da altro procedimento, quello che riguarda il medico ed ex assessore comunale di Palermo Mimmo Miceli. Una ambientale trascritta da un perito le cui dichiarazioni a verbale durante il processo non convincono la corte tanto da richiedere una seconda perizia. Proprio questa nuova perizia smentisce la prima sull’esistenza della frase fondamentale ma questo non basta per evitare a Cuffaro l’accusa più pesante, quella di favoreggiamento nei confronti di un mafioso”.
Secondo lei c’è stato un errore giudiziario?
“Non dico questo, sostengo solo che negli atti si rilevano stranezze. Cuffaro ha sbagliato, e questo sembra accertato dagli atti del processo. La mia convinzione, dopo aver studiato tutto, è che la sentenza più giusta fosse quella di primo grado che lo condannava solo per la rivelazione del segreto d’ufficio. Il resto mi sembra abbastanza controverso”.
Ma la rivelazione del segreto d’ufficio non attiene il pubblico ufficiale deputato a mantenere quel segreto?
“Lo pensavo anche io ma studiando atti processuali e giurisprudenza ho accertato che chiunque, anche se non deputato a mantenere quel segreto, se ne entra a conoscenza è tenuto a non rivelarlo. Dunque il reato di rivelazione c’è probabilmente stato, in base alle prove processuali. Non ho visto, invece, la dimostrazione degli altri reati. Negli atti c’è una perizia di Gioacchino Genchi, noto funzionario tecnico della polizia e in seguito consulente di grandi processi, che dice chiaramente come in 5 anni e decine di migliaia di ore di telefonate di Cuffaro e delle persone a lui più vicine non c’è un solo contatto con uomini mafiosi o pseudo tali. Con una sola eccezione: Salvatore Aragona. Vogliamo dimenticarci che stiamo parlando, però, di un medico?”.
Dunque cosa si è risposto alla domanda iniziale che si era posto? Cuffaro ha veramente favorito la mafia?
“A mio parere, ripeto, la sentenza più giusta era quella di primo grado: solo rivelazione di segreto d’ufficio. e c’è da ricordare che se quello fosse rimasto il reato e fosse caduta l’aggravante dell’articolo 7 ovvero proprio il favoreggiamento indiretto alla mafia, il reato sarebbe stato prescritto e Cuffaro non avrebbe fatto un giorno di galera”
Ma inizialmente la procura di Palermo voleva imputare l’allora presidente della Regione addirittura per concorso esterno. Questo non pone altri dubbi?
“Anche su questo mi sono fatto una mia idea. In Procura a Palermo c’era la convinzione forte della colpevolezza di Cuffaro ma anche la consapevolezza dell’inconsistenza delle prove d’accusa. Da qui nacque il confronto forte dentro la Procura, quasi uno scontro, che portò ad evitare l’imputazione di concorso esterno proprio perché non avrebbe retto in tribunale”.
Il libro esce domani, appena 4 giorni prima della scarcerazione di Cuffaro. E’ una scelta precisa? Cosa pensi accadrà quando Cuffaro lascerà il carcere?
“Durante questo mio lavoro sugli atti processuali – conclude Nastasi nella sua intervista a BlogSicilia – ho incontrato molte persone ed ho avuto modo di percepire come tanti in Sicilia non siano affatto convinti che Cuffaro sia stato vicino alla mafia. Mi aspetto una grande manifestazione di affetto da parte di questa gente nei confronti di un uomo al quale bisogna, comunque, riconoscere una cosa su tutte: il grande senso delle istituzioni dimostrato e la grande dignità nell’affrontare la pena comminatagli senza mai sottrarsi”.