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Il caso Saguto e la credibilità delle toghe Cambiare la legge perchè non accada mai più

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C’era una volta la magistratura, simbolo di giustizia, equità, severità. In poche parole, simbolo di onestà. Quella magistratura di fronte alla quale bisognava solo esprimere rispetto anche quando si dissentiva.

C’era una volta la magistratura, quella magistratura credibile di fronte alla quale i politici della sinistra riformista e illuminata si fermavano con una frase divenuta cult negli anni ’90: “le sentenze si rispettano, non si commentano”.

Che fine ha fatto quella magistratura? Dopo una serie di colpi dovuti alle polemiche politiche, alle scelte di tanti magistrati di passare in politica divenendone una parte attiva e tutt’altro che super partes travalicando anche le sempre esistenti correnti interne, la magistratura ha incassato il colpo finale.

A darglielo è stata la vicenda di Silvana Saguto, ormai ex Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Palermo al centro di una inchiesta sulla gestione allegra e a fini personalistici dei beni confiscati. Se la Saguto sia responsabile o meno saranno altri magistrati a doverlo valutare in base agli elementi dell’inchiesta ma l’opinione pubblica si è scatenata  sulle intercettazioni diffuse un pezzo alla volta ormai da giorni.

Il caso Saguto con tutti i suoi annessi e connessi, la gestione delle intercettazioni, la diffusione delle medesime intercettazioni o stralcio di esse di fatto a incrinato quel che rimaneva del rapporto fra magistratura e cittadini. Crea imbarazzo, sfiducia, problemi morali e indigna ma pone  anche alcuni interrogativi: chi governerà il sistema adesso e chi controllerà i nuovi ‘padroni’ dei beni confiscati e soprattutto la legge è adeguata a garantire trasparenza, giustizia, correttezza?

L’interrogativo sorge mentre ancora si discute di fatti e misfatti della Saguto e del suo cerchio di amministratori giudiziari e dell’insolita aggressione mediatica ad un magistrato nei confronti del quale si applica il sistema della fuga sistematica di pezzi di intercettazioni ormai arcinoto.

Insomma a carico di Saguto, marito e figlio, a carico dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara e di tutti gli altri indagati, ma sempre e soprattutto a carico della Saguto si è scatenata la gara mediatica al sensazionalismo. Una intercettazione dopo l’altra, somministrate con dosi quotidiane, messe lì per far crescere l’indignazione popolare fino a permettere ai giornali di sostenere perfino che non dovrebbe più portare neanche la toga. e proprio ieri la sospensione da funzioni e stipendio è stata richiesta al Csm con atti motivati dalla procura della Corte di cassazione e dal Ministro della Giustizia che scrive parole pesanti sulla gestione Saguto.

C’è, poi, la chiara presa di distanze da parte di Manfredi Borsellino che nella lettera a sua figlia dopo la diffusione dell’intercettazione offensiva nei suoi confronti non si limita ad una risposta che chiunque, nella sua posizione, avrebbe voluto dare portando, peraltro, un cognome come Borsellino (noblesse oblige). Si chiede chi sia Silvana Saguto, chi frequenti, chi la conosca.

Sia chiaro, se le intercettazioni sono vere, certe frasi, certi comportamenti, determinati atteggiamenti indignano anche noi. Un rappresentante delle istituzioni non può permettersi certe esternazioni neanche in privato ma soprattutto deve essere irreprensibile nel comportamento pubblico. Se quel che è stato scritto risponde al vero neanche indignarsi è abbastanza.

Ma di fronte ad un magistrato che resta vittima della diffusione di pezzi di intercettazioni, della fuga selettiva di notizie che, diciamocelo pure, è una delle armi usate proprio dai magistrati, c’è più di una domanda da porsi: ‘fatta fuori’ dalla gestione questa casta, chi gestirà i beni confiscati?

Il colpo, tremendo, alla credibilità di tutta la magistratura è evidente ed era prevedibile. Perché, allora, si insiste tanto su tutto ciò che la Saguto avrebbe fatto? Per giungere all’esemplare, seppur tardiva, sospensione che il Csm si prepara a pronunciare venerdì’? Non c’è dubbio che quella in corso è una faida fra fazioni della magistratura stessa. E la Saguto davanti al Csm si difenderà schierando ‘l’artiglieria pesante’, mettendo in campo l’avvocato Giulia Bongiorno. Una faida che ha travalicato ogni limite, che non sminuisce la gravità dei fatti contestati e che andavano perseguiti. Ma la domanda che oggi nessuno si pone e che va fatta é: chi controlla che il prossimo gestore non usi un suo nuovo metro personale?

Nessuna accusa nei confronti di nessuno. Non conosciamo uomini e donne che andranno a ricoprire incarichi così importanti. Ma se la legge ha consentito questi imbrogli, forse è proprio la norma che va riformata e non solo con una candida spugna già predisposta da qualche mese e al vaglio del parlamento dove è rimasta arenata.

I beni sequestrati sono un pezzo dell’economia reale di questa nazione. Spesso un pezzo importante. Possono seguire due sole sorti: giungere a confisca definitiva e in questo caso sono soldi nostri, della comunità; oppure essere restituiti al proprietario e in questa eventualità chi ha subito il danno ha diritto a riavere il suo bene nelle condizioni in cui lo ha lasciato o in condizioni migliori. Non certo peggiori.

Serve una nuova legge ’vera’ che sia legata alle tutele della legge ordinaria e non segua binari anacronistici che possano permettere ad un uomo assolto in via definitiva di non poter più avere indietro i suoi beni. Servono controlli sui controllori. Serve un modo per garantire i cittadini e recuperare credibilità per la magistratura in questo settore come in tanto altri dove è stata usata per scopi politici o ha piegato le proprie decisioni per far piacere a questo a qual potente in danno di un povero disgraziato.

Non sappiamo se Silvana Saguto sia il mostro che si sta delineando. Quel che serve sono regole per evitare che simili mostri (reali o fittiziamente costruiti) tornino a governare la giustizia penale, civile, fallimentare, del lavoro o qualsivoglia altra sezione.


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